Esiste una scuola che ha trovato una risposta per affrontare questo momento difficile. È quella che, grazie all’iniziativa di tanti maestri, educatori e genitori, esce dalle aule per andare nelle strade, nelle piazze, nei parchi e trova lì spazi in cui rispettare le distanze imposte dal coronavirus ma soprattutto immaginare un’educazione nuova.
Ma questa risposta non deve limitarsi all’emergenza, perché “dal cortile della scuola non solo è possibile ma è necessario cambiare il mondo”! È quello che ci racconta Ilaria d’Aprile nel suo ultimo libro, pubblicato da Edizioni La Meridiana, “Apprendere con gioia”. Un’opera che nasce per promuovere una rivoluzione gentile del nostro sistema pedagogico e creare una scuola che si prenda cura dell’ambiente, aperta al territorio e inclusiva.
Oggi più che mai, c’è bisogno di ricostruire un ambiente felice in cui i bambini possano crescere per diventare i nuovi abitanti del Pianeta. Attraverso i principi e 6 percorsi pratici di Outdoor Education, “Apprendere con gioia” è un importante contributo che arriva nel momento del bisogno. Per la nostra rubrica #LaNaturaFaScuola, con Ilaria d’Aprile parliamo della scuola di oggi e di quella che verrà.
Le cose della natura posseggono una malìa che nutre l’anima che le sa vedere. Scrivo affinché mio figlio e tutti i bambini che oggi abitano il pianeta possano confrontarsi quotidianamente con le emozioni di meraviglia e stupore che ci vengono gratuitamente donate dallo stare a contatto con le cose della natura. Perché la meraviglia è amica della curiosità e questa della conoscenza.
Cos’è l’Outdoor Education?
A livello internazionale per outdoor education s’intende un orientamento pedagogico che valorizza al massimo le opportunità di star fuori e che concepisce l’esterno come luogo di formazione. Questo significa che non esiste un modello da applicare in forma standardizzata ma attraverso sperimentazione e ricerca è possibile raggiungere obiettivi pedagogici specifici di un certo contesto educativo, a seconda dei bisogni dei bambini e delle specificità degli educatori.
Quindi stare fuori non basta. Personalmente ritengo che fare educazione all’aperto significa costruire una scuola in cui la relazione educativa prima che la relazione didattica è il fondamento degli obiettivi che si vogliono realizzare. Educazione è incontro, socialità, conoscenza, empatia, passione per il sapere, ascolto profondo e rispetto di ogni individuo per quello che può e vuole dare e contribuire. Tutte competenze indispensabili per costruire il nuovo abitante del Pianeta.
Nell’introduzione di “Apprendere con gioia” parli di “deficit di Natura”, di cosa si tratta e perché colmarlo a partire dalla scuola ha una portata rivoluzionaria?
Oggi i ragazzi vivono in una condizione che potremmo definire di arresti domiciliari-scolastici. Secondo i dati ISTAT, infatti, trascorrono circa l’85% del loro tempo rinchiusi tra casa e scuola. Condizione ben diversa da quella dei loro nonni che da bambini vivevano prevalentemente in campagna e potevano manifestare la propria naturale vivacità. Al contrario le città non sono fatte a misura di bambino, che spesso non è in condizione di esprimersi secondo i tempi e gli spazi propri dell’infanzia.
Da questa mancanza di gioco libero all’aria deriva un “deficit di natura”, evidenziato da Richard Louv come una progressiva alienazione dalla natura che conduce, tra le altre cose, disamore nei confronti dell’ambiente, minore utilizzo dei sensi e maggior tasso di malattie fisiche ed emotive.
È vero che per i bambini l’amicizia per la natura è cosa innata, ma crescendo l’adultizzazione interviene a rompere l’equilibrio e tiene separati la mente dal corpo, il corpo dalla terra. Sono profondamente convinta che per adulti e bambini il ritorno alla natura è requisito fondamentale per la costruzione del nuovo abitante del pianeta: questo cambiamento sarà possibile solo se tutti noi avremo chiaro di far parte di una comunità, di essere in prima persona responsabili persino dei più piccoli e delicati equilibri del pianeta e che l’impegno di tutti è necessario per la nostra stessa sopravvivenza.
Per fare questo è fondamentale uscire dal perimetro dell’aula e sognare il mondo che verrà. Dobbiamo immaginare la scuola come la Fabbrica del Paese. L’educazione è essenzialmente un processo che guida delicatamente l’uomo a cercare e ad amare ciò che è vero, buono e bello. Come sostengo nel libro, l’orientamento pedagogico dell’Outdoor education può attivare un cambiamento di grande portata per il Paese perché aiuta educatori e studenti a coltivare la nobiltà di pensiero, parola e azione, così come i valori e i principi che educatori e studenti vivono dovrebbero diventare degli standard per l’intera comunità.
Il tuo libro vuole essere d’ispirazione soprattutto per gli educatori, che in effetti abbiamo visto protagonisti di tante innovazioni dal basso negli ultimi mesi, in risposta alla situazione di emergenza. Qualcosa sta cambiando?
In questo momento così fluido ed eccezionalmente drammatico ci siamo accorti che la scuola vada cambiata e che questa può essere il miglior momento per provarci. Molti sono gli educatori coraggiosi che abitualmente escono dall’aula per frequentare i cortili e i luoghi della città per fare lezione. Anche in questi giorni abbiamo ascoltato moltissime storie piene di coraggio: i liceali di Santeramo in Colle che grazie al prof. leggono libri sul prato.
A Napoli c’è il docente che inventa la “DAB”, Didattica da Balcone. Ci sono i maestri di Giove che utilizzano le aule didattiche decentrate: piazze, musei, campi, spiagge e boschi. Spazi pieni, non vuoti di contenuti! Perché anche il più sperduto paesello italiano può rivelarsi una grande opportunità per imparare la storia, la geografia e la letteratura direttamente sul territorio. E in questo momento sappiamo che per la scuola non c’è spazio più sicuro che lo stare all’aperto, giocando al sole, distanziati e con la mascherina per ridurre al minimo il rischio di contagio.
Niente di nuovo se si considera che proprio tra la metà dell’ottocento e il novecento col diffondersi di malattie infettive nascevano in europa le prime scuole all’aperto come come “open air school” nel Regno Unito, “école de pleinair” in Francia “waldenschule” in Germania, “escuelas a l’aire lliure” in area spagnola. A Bari diciamo
Ilaria, tu sei anche presidentessa dell’associazione Essere Terra. Di cosa si occupa?
Essere Terra nasce dalla necessità di offrire una modalità diversa di vivere l’ambiente naturale. Non solo per praticare sport o per conoscere le bellezze della natura ma soprattutto per ripensare i luoghi anche apparentemente meno interessanti come spazi in cui l’anima trovi pace, ispirazione, consapevolezza e le persone prendano il coraggio di cambiare in meglio. Attraverso le attività di educazione alla sostenibilità rivolte ad adulti, ragazzi e bambini, corsi di formazione e i viaggi a piedi cerchiamo di riconnettere le persone con la natura perché comprendano di fare parte della rete della vita e non commettano l’errore antropocentrico di percepirsi onnipotenti al punto di distruggere il Pianeta.
Conosci il crowdfunding? Pensi che possa essere uno strumento utile per realizzare dal basso questo cambiamento nella scuola?
Quello che svolgete attraverso PlanBee è un preziosissimo servizio per quell’umanità coraggiosa e caparbia a cui non è stata data ancora l’opportunità di veder realizzati i propri sogni. Se poi i propri desideri si realizzano grazie al contributo di altri, tutto è ancora più bello, perché la felicità esiste solo se condivisa. In questo periodo di grande trasformazione ho fiducia che saranno sempre di più le piccole comunità che ripenseranno alla maniera di educare i propri figli. L’augurio è che grazie al crowdfunding civico, alle esperienze di educazione all’aperto di chi ci è già passato e i suggerimenti indicati nel libro avvenga un contagio positivo che aiuti a diffondere nuovi progetti di outdoor education in tutta Italia.