Ogni anno in Italia si producono circa 380.000 tonnellate di pneumatici da smaltire. Vi siete mai chiesti che fine facciano esattamente?
La normativa incentiva le pratiche per l’economia circolare per riduzione, riuso e riciclo: così un oggetto destinato a diventare rifiuto può avere una nuova vita.
Sono frequenti gli episodi di rinvenimento di discariche illegali di Pneumatici Fuori Uso (PFU). In aree verdi fuori città, sotto il mare, in zone degradate: si deve ricorrere immediatamente a bonifica per ridurre i danni a persone e ambiente.
Dal 2011 l’Italia si è dotata di una nuova normativa per lo smaltimento dei PFU, i Pneumatici Fuori Uso che non posso essere recuperati come tali o ricostruiti. Questa prevede che il cliente, contestualmente all’acquisto, provveda al pagamento di un contributo in anticipo per i consorzi che si occuperanno del ritiro dai gommisti degli pneumatici esauriti. L’introduzione del contributo PFU è un passo in avanti importante nella direzione dell’economia circolare: contenere la pratica del littering, l’abbandono di rifiuti negli spazi pubblici, riducendone la produzione e proteggendo l’ambiente.
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LO SAPEVI?
Una volta recuperati i PFU possono essere sminuzzati e uniti all’elastomero EPDM (dall’inglese Ethylene-Propylene Diene Monomer) mediante un polimero di poliuretano a base d’acqua. Da questo composto si ottengono fogli di pavimentazione con diversi gradi di resistenza che possono essere impiegati come materia prima per l’installazione di campi sportivi, piste di atletica e aree ludiche per bambini grazie alle notevoli performance in termini di elasticità, di resistenza agli agenti atmosferici e di sicurezza grazie ad un’azione anti-trauma.
Proprio questa tecnologia è stata sfruttata per il rivestimento delle superfici del centro sportivo Fulvio Bernardini e, in parte, nel progetto di rigenerazione del campo da basket di Pigalle Duperré (di cui abbiamo parlato QUI)