La nebbia e le foschie rappresentate nelle tele di Monet? Nient’altro che smog e inquinamento. È questa la teoria sostenuta da due scienziati, Anna Lea Albright della Sorbonne di Parigi e Peter Huybers di Harvard.
Gli scienziati hanno preso in considerazione complessivamente quasi 100 opere di William Turner e Claude Monet, analizzandone i cambiamenti nei loro stili e nei colori.
I due pittori, tra l’altro, tra i massimi rappresentanti rispettivamente del Romanticismo e dell’Impressionismo, sono noti per essere quelli più sensibili ai cambiamenti di luci e dell’ambiente.
I risultati dello studio, pubblicato negli Atti della National Academy of Sciences, suggeriscono che le opere di Monet e Turner possono essere usate come una sorta di storia dell’inquinamento atmosferico.
Gli inquinanti possono alterare pesantemente l’aspetto dei paesaggi anche in modi visibili ad occhio nudo. Turner ad esempio, nato nell’era della vela nel 1775, morì nell’era del carbone nel 1851.
L’inquinamento nell’arte
I cieli dipinti dai due artisti sono diventati sempre più nebbiosi nel corso degli anni, secondo i ricercatori, non solo a causa di una scelta artistica, ma anche a causa dell’aumento dell’anidride solforosa nell’atmosfera.
Lo studio ha, infatti, rivelato che il 61% dei cambiamenti nei livelli di contrasto nei dipinti erano principalmente legati ad un aumento delle concentrazioni di anidride solforosa in quel periodo. Ad esempio, il dipinto “Apulia in Search of Appullus” di Turner del 1814, che ritrae un cielo limpido, è stato confrontato con “Rain, Steam and Speed – The Great Western Railway” dipinto 30 anni dopo, dove prevalgono i cieli nebbiosi. Gli autori dello studio hanno affermato che durante questo periodo le emissioni di anidride solforosa sono più che raddoppiate.
Questa ricerca è importante anche perché dimostra che l’arte e la scienza possono lavorare insieme per fornire una comprensione più completa della storia e della realtà del mondo che ci circonda.