Il 4 Novembre 1966 Firenze veniva sommersa dalle acque del fiume Arno: oltre alle persone, furono le opere d’arte a subire le più drammatiche conseguenze dell’alluvione.
A 50 anni esatti dall’evento metereologico che travolse con acqua e fango la città, si sono tenute una serie di iniziative per ricordare gli ‘Angeli del Fango‘, eroici volontari che riuscirono a salvare gran parte del patrimonio artistico della ‘Culla del Rinascimento’.
Tra le opere che subirono i danni più pesanti, il capolavoro di Giorgio Vasari ‘L’ultima cena’, ospitato nel Cenacolo di Santa Croce: oggi, grazie al lavoro di restauro dell’Opificio delle Pietre Dure, al contributo di Prada, della Getty Foundation e del Dipartimento della Protezione Civile, il dipinto è stato ricollocato al suo posto, con un sistema di contrappesi realizzato con il contributo di Fondazione CR Firenze, che ne permetta il rapido sollevamento in caso di pre-allerta per una nuova alluvione.
Questo successo rappresenta un virtuoso esempio di mecenatismo che ha visto insieme, in oltre dieci anni: Prada, per il restauro del dipinto, The Getty Foundation per il lavoro sul supporto ligneo e Protezione Civile, che ha permesso gli studi e le indagini. Il suo ritorno nel Cenacolo di Santa Croce è stato celebrato alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e del Presidente dell’Opera di Santa Croce, Irene Sanesi che ha commentato: “E’ una storia straordinaria di studi, speranze, restauro e avanguardie tecnologiche, generosità dei mecenati e attese che ha permesso di riconsegnare al mondo un capolavoro. E’ ritornato alla luce e al colore, quanto pareva spento per sempre”.
Patrizio Bertelli (ex ‘angelo del fango‘, oggi CEO di Prada) ha colto l’occasione per lanciare un importante appello alle aziende italiane: “Le calamità naturali devono farci capire che lo Stato siamo noi cittadini. Per quanto lo Stato possa intervenire, non può da solo affrontare i costi della ricostruzione della vita e dei beni artistici. Lo Stato deve innanzitutto occuparsi delle persone, dei nostri concittadini colpiti, e poi anche delle attività produttive. Le aziende medie e grandi che possono farlo devono mettere a disposizione i fondi per la ricostruzione del nostro patrimonio artistico. È importante che si agisca presto. Non possiamo sempre fare finta che quando lo Stato ha bisogno noi lo consideriamo come qualcosa di estraneo. Occorre mettere in gioco la nostra coscienza nazionale, quelle di ogni singola persona, e dare secondo le nostre possibilità”.
Questa storia di collaborazione virtuosa tra pubblico e privato, ha ottenuto una straordinaria risonanza internazionale, considerando che ogni anno oltre un milione di persone visita Santa Croce. Da oggi, ognuno di noi potrà nuovamente ammirare un’opera che per troppi anni è stata nascosta, e che può a tutti gli effetti rappresentare un simbolo: quello della vittoria della tenacia, della generosità e della volontà dell’uomo che sconfigge la devastazione portata da un evento naturale distruttivo. Un simbolo di speranza, che speriamo possa portare sempre più aziende – ma anche privati cittadini – a contribuire, per quanto possibile, alla rinascita delle opere abbandonate di cui il nostro Paese è disseminato.